Tra BrExit e ItalExit come uscire da “Broccolandia?
ASPETTANDO IL 2025
Quale strategia e futuro per l'area giuliana?
Gli Inglesi sono gli Inglesi e, fors’anche per l’insularità della Gran Bretagna hanno avuto gioco relativamente facile, fortemente aiutati dai loro cugini americani. E noi? Premettiamo che gli euroscettici in Italia sono ben più di coloro che votano Paragone e il suo ItalExit. Tuttavia la nostra dovrebbe essere un’azione molto più fine e sotterranea di quella inglese. Mentre Londra ha potuto parlare in modo trasparente di volontà di uscire dall’U.E.., lo facessimo noi in Italia, “Apriti o Cielo!”, come si suol dire; avremmo contro tutto l’Occidente ed i suoi tirapiedi con passaporto italiano, benché avremmo molto probabilmente più di un appoggio da est, dove del resto l’Italia guarda naturalmente… Bisognerà piuttosto puntare sul fatto che, con l’allargamento dell’Unione Europea proprio verso Est, Bruxelles, Lussemburgo, Strasburgo o Francoforte sono divenute troppo occidentali e troppo nordiche, e non rappresentano più il mutato quadro geopolitico di questa parte del Vecchio continente, che guarda invece al Mediterraneo, culla delle civiltà che ne hanno plasmato la storia.
Si tratta dunque di iniziare a parlare con prudenza ma nello stesso tempo con determinazione di spostare il baricentro verso una realtà più rappresentativa del nuovo scacchiere europeo, sempre più euro-mediterraneo. Trieste e dintorni sono l’esempio lampante. Guarda caso, il 2025 vedrà Gorizia e l’adiacente Nova Gorica capitali europee della cultura, un evento che, opportunamente preparato e presentato, potrebbe essere l’occasione ghiotta per farne uno strumento ideale per avviare il percorso senza far chiasso ma creando una graduale consapevolezza identitaria di un’area di cui Gorizia e la non lontana Trieste sono potenzialmente il cuore pulsante , all’incontro tra culture che hanno trovato il proprio punto di incontro nell’Adriatico e, più ampiamente, nel Mediterraneo e che Bruxelles e il modello atlantico, col loro inglese fatto di numeri, codici e formule tecnofinanziarie, non possono che imbarbarire e porre tutt’al più ancora una volta una contro l’altra.
Quanto poi all’idea atlantista, se si può parlare di un plausibile interesse da parte dell’Italia verso l’area atlantica, esso non può più limitarsi a quanto inerisce il discorso N.A.T.O., retaggio più o meno palese della Guerra Fredda, ma deve riconoscere nell'intero bacino dell'Atlantico l'area di primario interesse nella politica extramediterranea dell'Italia, che non può prescindere dal guardare al Nord- ma anche al Sud-America, ove la presenza italica in paesi come Argentina, Brasile, Uruguay o Venezuela è determinante sia per valenza demografica che socio-economica, ed attraverso le quali esercitare una benefica influenza atta ad aumentare il peso geopolitico dell'intera italicità mondiale e capace di fungere in termini socio-culturali da controaltare alla politica prettamente finanziaria e militare nord-atlantica.
I paesi dell’Europa occidentale (Germania compresa, ben inteso) sono tutti reduci da un passato coloniale, cosa che condiziona tutt’oggi la loro consuetudine autoreferenziale che li rende poco avvezzi al dialogo con chi non è della propria casta. Poco importa che Francia e Spagna abbiano un proprio tratto di costa mediterranea: la storia li lega maggiormente all’Atlantico, che è stato la loro fortuna coloniale. La nostra Europa è altro, e loro non la rappresentano affatto, massima ora che si è allargata ad est.
Bruxelles e dintorni, magari, protesteranno anche, ma la geografia è quella che è, piaccia o no ai signori Occidentali e ai loro vassalli in Italia… E noi, forti di ciò, dobbiamo tener duro e crederci fino in fondo per ottenere il giusto risultato.
Saranno a quel punto loro, forse (magari), ad andarsene facendo al nostro posto la figura dei secessionisti ed a lasciarci finalmente in pace.
Ma bisogna aver subito le idee chiare per poterci mettere quanto prima al lavoro, perché il tempo sembra tanto ma diventa poco se aspettiamo il tempo che già abbiamo. “Chi ha tempo non aspetti tempo”, recita un vecchio adagio. Chi può agire, dunque, agisca…
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